Una pietra miliare del giornalismo sportivo non c’è più. Si è infatti spento Alfredo Provenzali, genovese, terzo conduttore di sempre dopo Roberto Bortoluzzi e Massimo De Luca della trasmissione più importante di Radio 1, “Tutto il calcio minuto per minuto”. C’è chi lo ha conosciuto o chi la ho semplicemente ascoltato. Noi scegliamo una terza via: lo abbiamo ammirato. La radio, si sa, con quel suo sapore retro’, reca con sé un fascino ammaliante: un bravo commentatore – e in radio devi essere veramente bravo – sa renderla immaginifica, soprattutto se sa raccontarla, non urlarla. I colleghi che lo hanno conosciuto dicono che era un gentiluomo sì, ma che soprattutto “non avrebbe sbagliato un congiuntivo nemmeno sotto tortura”. Ha dedicato tutta la sua vita alla sua passione, che poi era anche il suo lavoro: un modello imprescindibile per chi ha l’ardire di avvicinarsi a una così nobile professione come il giornalismo. Aveva il dono degli appartenenti alla scuola degli Ameri, Ciotti o Bortoluzzi: sublimava la realtà calcistica. Ora si sentiva quasi smarrito nel difendere quel “fortino” dalle ineludibili e ineluttabili invasioni di questo attuale calcio televisivo senz’anima. La mancanza della sua voce calda che ci confortava settimanalmente ci farà diventare un po’ più nostalgici. Ma resterà per sempre un esempio paradigmatico di giornalismo: per questo, gli perdoneremo tutte le volte che ha interrotto le cronache della nostra squadra del cuore vicino alla segnature per raccontarci, con voce cadenzata e ritmi ponderati, le volate finali delle batterie stile libero dei Mondiali di Nuoto o gli ultimi centro metri delle più remote tappe del Giro d’Italia.. Lui amava ripetere che “per un giornalista sull’avvenimento è importante esserci, indipendentemente da gradi e lustrini”. Proveremo allora ad esserci noi, con l’umilità che ci hai insegnato.