Questo articolo non vuole ragionare sul perchè o il come sia potuto succedere che Alex Schwazer, la faccia pulita dello sport olimpico italiano, si sia dopato poche settimane prima di Londra 2012. La notizia vera sarà, invece, scoprire come mai un atleta dalle grandi doti, nel pieno della maturità agonistica, che potenzialmente non ha avversari e che siede già sul trono olimpico nella sua specialità, possa pensare di doparsi.
“Troppa pressione sul risultato e paura di deludere” hanno frettolosamente chiosato addetti ai lavori, amici e parenti. Le parole che però fanno sobbalzare dalla sedia sono proprio quelle di Alex: un uomo nauseato dal suo lavoro, apparentemente distrutto per aver mentito a tutti sul suo stato psico-fisico e sull’assunzione dei farmaci proibiti, un uomo crollato sotto il peso del crimine commesso solo per aver tentato di essere di nuovo primo. Una mentalità che nel mondo dello sport fa brutti scherzi, l’essere sempre al vertice. Tanti, troppi sono i casi di doping anche tra campioni affermati, ma un atleta di questa caratura non arriva a doparsi se prima non ha passato lunghi momenti di sconforto, sentendosi con le spalle al muro. Ci deve essere stato un prima in Alex che lo ha portato ad iniettarsi la siringa nel braccio.
Da bravi Italiani, le Istituzioni sportive nostrane si sono subito affrancate dall’evento increscioso, forse per paura di un’inchiesta della Wada, l’agenzia mondiale antidoping. La responsabilità di quanto accaduto è in larga parte della Federazione, del Coni e degli stessi collaboratori e parenti di Alex Schwazer. Non si può escludere, anche se la mano che regge la siringa è sempre di Alex. Ora però viene il difficile per lui che, finita la sua carriera, si ritroverà a riscostruire i cocci di una vita solo di uomo normale. Non bisogna lasciarlo solo, altrimenti si assisterà ad un altro caso Pantani. Alex non deve chiudersi in se stesso come Marco, dovrà collaborare con la giustizia ed eventualmente consegnare ai magistrati i nomi che sta proteggendo; per chi è intorno a lui l’aspetta un gran lavoro per recuperare l’uomo, il ragazzo di 28 anni con tutta una vita davanti. La bagarre mediatica che la sua intervista-confessione in diretta al TG1 ha creato fa solo parte dell’ennesima sfilata di opinionisti dell’ultima ora, pronti a salvare o a buttare giù dalla torre il povero atleta altoatesino. Schwazer, ben inteso, ha sbagliato e pertanto deve pagare in ogni sede in cui sarà perseguito. Basta che non si faccia di lui il fenomeno dell’estate, che non diventi il capro espiatorio di queste noiose olimpiadi mal digerite dagli Italiani pallonari, annoiati e incollati al divano nell’afa incessante di questa estate.