Il presidente birmano Thein Sein ha annunciato che la Coca-Cola investirà 100 milioni di dollari nel Paese entro i prossimi tre anni. La notizia non ha risvolti solo le abitudini alimentari della popolazione del Sud-Est asiatico. Dal 1886 la bevanda dalla ricetta segreta ha raggiunto tutti gli angoli del mondo diventando ben presto simbolo del capitalismo mondiale: la Coca-Cola è il prodotto per eccellenza per gli analisti che vedono i prodotti di consumo, e consumismo, globale come sinonimo di libertà, o chi, di contro, come agenti di sottomissione. Anche nel caso birmano, l’affaire è politico. La decisione,culminata anche nello stanziamento di impianti di imbottigliamento sul suolo birmano, è infatti arrivata dopo che il mese scorso gli Stati Uniti hanno sospeso le sanzioni nei confronti della Birmania, che ha avviato riforme democratiche. Restano quindi solo due i Paesi al mondo in cui la bevanda gassata più famosa al mondo non è commercializzata: Cuba e Corea del Nord. Nell’isola caraibica la Coca Cola è bandita dall’anno della Rivoluzione cubana nel 1962, nonostante nel 1906 fu tra i primissimi al mondo a distribuirla; nel paese asiatico, invece, è bandita dal 1950, anno in cui si è insediato il più rigido regime comunista del mondo, anche se esisterebbero alcune recentissime foto di turisti che immortalerebbero la bevanda in una pizzeria di Pyongyang. Risale invece a dieci anni or sono l’embargo alla Coca Cola stessa in India, accusata dagli Stati Uniti di spionaggio industriale internazionale: nel 1977 la Corte Suprema del Paese di Gandhi aveva infatti annunciato di rivelarne la formula segreta. Magari sarà proprio questa l’ultima rivelazione dalla “Isla” di Fidel Castro, ultimo baluardo di resistenza mondiale di quella che i francesi chiamarono “coca-colonizzazione”.